Questo il racconto del figlio:

“Prima del ricovero mia madre di 92 anni era del tutto autosufficiente anche per quanto riguardava la pulizia personale, pur con i tempi correlati all’età. Il 4 agosto alla sera non vedendola alzarsi per cenare siamo andati nella sua camera da letto, l’abbiamo trovata con sguardo assente, febbricitante per cui abbiamo chiamato il 112 che ha provveduto a portarla al Pronto Soccorso dove è risultata positiva al Covid. Durante le tre settimane di degenza all’Ospedale Maggiore – RSA San Giusto – ho avuto modo di vederla in videochiamata 2 volte, ma l’unica cosa che ripeteva era: voglio tornare a casa. Nelle due telefonate con i medici di turno mi veniva confermato che le condizioni erano buone. Due giorni prima delle dimissioni avvenute il 24 agosto il medico mi riferiva telefonicamente che mia madre stava bene, aveva effettuato riabilitazione con il fisioterapista e camminava autonomamente con il deambulatore. Da parte di mia madre invece mi viene riferito che non avrebbe fatto fisioterapia, stava al massimo 2 ore sulla poltrona e tutti i bisogni venivano fatti nel pannolone e veniva lavata a letto. Quando è arrivata a casa con l’ambulanza non stava neanche in piedi, tanto è vero che l’hanno portata i barellieri con la carrozzina e messa subito a letto. La cosa particolarmente grave è che sulla lettera di dimissioni si legge “paziente non a rischio caduta”, invece sulla scheda di continuità assistenziale si evidenzia “rischio cadute si” e poi: totalmente dipendente per igiene, vestizione ed alimentazione con aiuto. Dunque mia madre aveva grossi problemi che non mi sono stati fatti presente ante dimissioni solo per mandarla a casa senza contestazioni da parte mia non avendo potuto controllare il suo stato fisico, senza una preventiva preparazione da parte mia e di mia moglie. Io peraltro sono portatore di protesi anca sia destra che sinistra nonché di tre protrusioni alla colonna vertebrale per cui alzare pesi mi crea non pochi problemi. Idem per mia moglie che ha subito una isterectomia totale ed è sotto terapia anticoagulante per pregressa embolia polmonare e ad un arto inferiore. Le sarò grato per un suo interessamento e se potrebbe darmi qualche indicazione su cosa sia necessario fare per avere un aiuto.”(lettera firmata)

I deficit assistenziali segnalati sono intollerabili, come lo sono le difficoltà a cui vanno incontro i familiari dei degenti per visitare i loro cari ed anche per vedere come sono assistiti.

Al figlio era stato assicurato che la madre aveva effettuato riabilitazione con il fisioterapista, a detta della signora no. Del resto il figlio mi ha riscritto di aver aspettato una settimana prima che si presentasse il fisioterapista a domicilio. Ed è noto cosa significhi per una persona di 92 anni ogni giorno di ritardo della fisioterapia.

Di quanto descritto pare sommamente deprecabile la somministrazione di pannolone imposta a pazienti non incontinenti, che oltre a violare la dignità della persona, condanna la maggior parte degli anziani che hanno subìto tale trattamento all’incontinenza permanente, con le pesantissime e umilianti conseguenze sulla qualità di vita.

Una comunità civile non dovrebbe mai riservare ai propri anziani simili condizioni di degenza, perché tutto ciò aggrava irreparabilmente lo stato psicofisico e lede gravemente la dignità della persona umane.

Ma dov’è, cosa fa l’Assessore alla Salute della nostra regione?

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