Questa la testimonianza della figlia, nativa triestina, ora residente a Modena.

“Quella che descriverò di seguito è la disavventura vissuta da mio padre (venuto a mancare il 4 dicembre).

In tutta onestà scrivo perché ancora incredula rispetto a ciò che abbiamo potuto vedere dal 23 novembre in poi rispetto all’organizzazione della sanità giuliana.

Mio padre, classe ’36, con tumore al colon, metastasi al fegato ed un’infezione in corso, viene portato dal 118 presso l’ospedale di Cattinara alle ore 14.34 di mercoledì 23 novembre. Viene visitato alle 21.57 del 23/11 (7 ore e mezzo più tardi rispetto al momento del suo arrivo); assodata una brutta infezione, viene sistemato qua e là poiché in ospedale non vi sono posti letto disponibili.

Fin dal suo arrivo in Pronto soccorso la collocazione di mio padre risulta tra le più disparate: tra i corridoi, in piccole stanzette in disuso e in angoli vari del PS in attesa di un posto per un degno ricovero (NB, in quel di Cattinara, bisogna sperare nelle dimissioni di qualche paziente o, ancor peggio nel decesso di altri, per ottenere un posto letto…).

Sempre in data 23/11, mio fratello ed io ci rechiamo più volte presso il Pronto soccorso poiché non riusciamo a ricevere alcuna informazione da parte del personale sanitario (i numeri di telefono risultano perennemente occupati o, se i telefoni squillano, nessuno risponde).

Lo stesso personale sanitario, seppur consapevole dell’impossibilità di accedere al PS da parte dei parenti, impietosito dal mio arrivo dall’Emilia Romagna, mi consente di vedere per qualche minuto mio padre. L’infermiera mi chiede aiuto nel riconoscere papà, lo chiama per cognome nella sala gremita di ammalati, lui risponde ed io posso capire in quale barella trovarlo. Qui inizia la mia gincana per passare, trattenendo il fiato, tra una barella e l’altra (fortunatamente peso 50 kg e dopo qualche tentativo riesco a raggiungerlo; i pazienti sono uno attaccato all’altro e chissà con quali patologie!

Da quel momento in poi, attraverso molteplici scorciatoie e data la mancanza di comunicazione del personale sanitario, iniziamo a visitarlo per pochi minuti ogni 2 o 3 ore. Durante le nostre visite gli portiamo dell’acqua, un po’ di cibo e gli mettiamo un collirio che, molto probabilmente, nessuno avrebbe tempo e modo di applicare. Mio padre continua ad essere molto vigile e non capisce che cosa continua a fare in quell’ospedale dato che apparentemente nessuno si sta occupando di lui. Rimarrà impressa nella mia mente la telefonata ricevuta da papà alle 3.30 della notte del 24/11 nella quale mi chiedeva che cosa dovesse ancora attendere in quella saletta gremita di ammalati.

La situazione rimane invariata fino al 25/11.

Ebbene sì, in quella data, dopo svariati reclami ad Asugi e una diffida diramata dal nostro legale, otteniamo finalmente un posto letto in Clinica medica al 10° piano. Anche lo stesso spostamento non ci viene comunicato… ma avendo ricevuto un sms per poter scaricare un nuovo green pass, capisco che forse sta accadendo qualcosa… difatti, recatami al PS non trovo più mio padre.

Per intenderci la diffida viene diramata alle ore 10.37 e mio padre viene magicamente ricoverato alle 12.37 dello stesso giorno!

Dal 25/11 al 4/12 (data del decesso) abbiamo finalmente avuto modo di visitare mio padre, portargli conforto e parlare con dei medici. La stanza nella quale è stato ricoverato era popolata da ben 4 pazienti. Il personale infermieristico e le OSS scarseggiavano perciò, oltre a supportare nostro padre, io, mio fratello e mia cognata abbiamo spesso aiutato gli altri degenti (c’era chi voleva alzare o abbassare lo schienale, chi desiderava dell’acqua, chi aveva la necessità di essere imboccato).

La notte del 2/12 eravamo già agli sgoccioli con mio padre e sono quindi rimasta al suo capezzale. Verso mezzanotte ho chiamato le infermiere perché iniziava a svanire l’effetto della morfina. Una di loro che stava transitando nei pressi della nostra stanza, mi ha fatto presente che, appena possibile, sarebbe arrivata da noi, poiché, in quel momento, erano soltanto in due a badare a 41 pazienti e aveva un’altra urgenza da gestire.

Per concludere, ci tengo a precisare che ci siamo relazionati ad Infermieri, OSS e Medici sempre molto cortesi, disponibili e professionali, ma abbiamo percepito un forte disagio, dettato, in primis, da una scarsa copertura di personale e, non per ultima, da una preoccupantissima mancanza di posti letto. Temo che se non fosse stato per la diffida del nostro avvocato, mio padre non avrebbe avuto un posto letto, nemmeno a distanza di 46 ore dal suo arrivo in Pronto soccorso!

Ora, veniamo al malato; abbandonato in posti tra i più disparati, dove non può ricevere un trattamento decoroso e nemmeno il conforto dei parenti.

Ecco, queste situazioni, a mio parere, non sono davvero tollerabili. Ne va della sicurezza e della dignità delle persone e, visto il numero di anziani che popolano la mia cara Trieste bisogna davvero fare qualcosa!” (lettera firmata)

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