“Un ringraziamento agli operatori del 118, protagonisti di questi 30 anni che hanno garantito, e continuano a farlo, le prospettive di salute alle persone” – così ha esordito l’Assessore alla Salute Riccardi nella celebrazione del trentennale dell’istituzione del 118.
Dai toni, dalle parole, dalla scelta degli ospiti, sembrava che l’Assessore stesse festeggiando un compleanno, i trent’anni di vita del 118, senza accorgersi che il festeggiato è morto da ormai cinque anni.
Era la primavera 2017 quando Debora Serracchiani inaugurò la mega centrale di Palmanova decretando la fine delle Centrali operative 118 di Trieste, Udine, Pordenone e Gorizia e con esse morì il 118 nella nostra regione, una vita durata 25 anni, e poi soppressa non perché mal meritasse, anzi, ma per giochi di potere.
Un potere decisamente bipartisan tanto che gli attuali governanti dopo aver tuonato contro la scelta della Serracchiani, una volta vinte le elezioni si sono di buon grado spartiti la sua eredità tradendo in un colpo solo la fiducia degli elettori e la salute dei cittadini.
Già, c’è di mezzo la salute dei cittadini, altrimenti questa celebrazione assomiglierebbe ad una farsa, seppure macabra, qual è scambiare un funerale per compleanno.
Non è vero che il 118 sia sopravvissuto, non esiste più e non bastano sceneggiate infarcite da numeri improbabili a modificare la realtà, che è testimoniata dalle esperienze di chi ha vissuto sulla propria pelle o su quella dei propri cari la difficoltà ad ottenere nel momento del bisogno soccorsi rapidi ed efficaci. E’ da 5 anni che le cronache ci raccontano episodi allucinanti, che quando esisteva il 118 sarebbero stati semplicemente inconcepibili.
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