Questa storia merita attenzione perché è paradigmatica dei disagi che migliaia di cittadini hanno vissuto e vivono oggi a Trieste.

La storia comincia con l’e mail inviata il 14 dicembre da una signora al Dipartimento di Prevenzione di ASUGI:

Buongiorno, essendo stata a stretto contatto con un positivo venerdì 11 dicembre ho subito provveduto a contattare il mio medico il quale mi ha segnalata. Nel frattempo sono venuta a conoscenza di esser stata a contatto con un altro positivo. Io venerdì mi sono messa in isolamento assieme ai miei famigliari ed ho cercato di contattarvi ma mi è stato detto solo di rimaner in isolamento e che “con questa persona non ci convivo, pertanto di attendere” e che “al momento si eseguono tamponi soltanto ai conviventi dei positivi”. Ho provveduto a far il tampone da sola in privato per senso civico di chi mi circonda ed infatti sono risultata positiva! La Salus vi ha anche trasmesso l’esito, ma ad oggi (e siamo a lunedì alle 11 e mezza) nessuno mi ha contattata. Non solo, ma sono anche in attesa del vostro provvedimento in quanto senza quest’ultimo non si può attivare la malattia! E per finire ho dovuto io stessa avvisare la scuola di mio figlio e al lavoro in quanto nessuno li ha avvisati. Si può sapere se e quando vi attiverete nei miei confronti? Attendo vostro riscontro.  (lettera firmata)

Il pomeriggio dello stesso giorno così risponde il Dipartimento di Prevenzione:

Abbiamo preso in carico la sua richiesta.
In virtù dell’elevato numero di richieste, verrà ricontattato quanto prima dagli operatori del Dipartimento di Prevenzione.
Cordiali saluti
Servizio Profilassi delle Malattie Infettive

Ieri ho scritto alla signora: Com’è finita?

 Ecco la risposta:

Buonasera, è finita che al 24 ci hanno detto di fare i tamponi, i bimbi al Burlo (e stendiamo un velo pietoso in quanto eravamo in attesa perché non avevano le liste dei bambini da tamponare) e noi alla Salus (ma tramite ASUGI) in quanto il dipartimento non riusciva a gestire la mole di lavoro (però hanno ben pensato di fare ponte per Natale e Santo Stefano sospendendo il servizio in periodo di pandemia). Eravamo tutti negativi, ma abbiamo dovuto attendere dopo Natale (al 27) la riapertura del dipartimento per essere cancellati dalle liste di quarantena. In ogni caso sempre io a dover chiamare e fornire io la documentazione ed insistere in quanto non sono per niente organizzati (ho inviato io la copia dei tamponi negativi al dipartimento altrimenti chissà quando mi richiamavano per la fine della quarantena). Per noi è finita abbastanza bene, ma solo perché sono testa dura e li tartassavo. In ogni caso vedo (purtroppo conosco più di qualche persona positiva in questo periodo) che non c’è un sistema, un iter, ogni caso è gestito a sé e i positivi vagano tra mille telefonate a mille numeri e mail che non trovano risposte. Faccio anche un esempio: riscontro anche che in alcune scuole al primo positivo chiudono e mandano a far tamponi a tutti, in altre invece anche con diversi casi di positività le lezioni proseguono, non c’è uno standard. Grazie per l’interessamento e mi scusi se mi sono dilungata. Cordiali saluti (lettera firmata) 

Che dire?

Che indubbiamente il virus ha messo a dura prova l’intera società e in primis le strutture sanitarie, ma se all’inizio si poteva invocare (ma fino a un certo punto) la sorpresa, ora non più.

Che le risorse siano poche relativamente a quel che si dovrebbe fare è pacifico, ma proprio perché si lavora in carenza di mezzi l’organizzazione dovrebbe essere impeccabile. Non affidarsi alla buona volontà, fino all’abnegazione, dei sanitari in prima linea. Se il vertice della catena di comando non funziona, si perde la guerra.

La struttura sanitaria non può abbandonare in questo modo i cittadini che ne hanno bisogno. Non può lasciare la città in piena pandemia senza una prevenzione funzionante.

E dopo ci si lamenta che i contagi aumentano? E sarebbero i cittadini a non rispettare le regole?

Quando qualcosa non funziona si fa una verifica, si esaminano i fatti, si individuano le cause, si assumono la adeguate azioni correttive.

Poiché nelle epidemie la prevenzione è un imperativo categorico.

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