Con la presentazione del progetto delle stazioni dell’architetto Fuksas, il dibattito sulla cabinovia si riaccende.

Roberto Morelli, su “Il Piccolo” del 26 giugno, evidenzia molto bene le diverse incognite che a tutt’oggi ancora avvolgono la realizzazione dell’opera. Non si tratta di dividersi in guelfi e ghibellini, ma di interrogarsi seriamente sull’opportunità dell’impresa. E non valga l’idea che “tanto è già finanziata” e che “o questa o niente”, perché l’impatto ambientale e visivo non è da poco anche se ancora mancano dei rendering. In realtà manca ancora molto altro sia dal punto di vista procedurale che da quello, come si diceva dell’opportunità.

Dal punto di vista delle “carte”, delle procedure, come ricorda Renato La Rosa di Legambiente: “per l’effettiva concessione del contributo, devono essere verificati i requisiti previsti dallo strumento europeo del Recovery and Resilience Facility […] tra cui “l’obbligo di rispettare il principio Dnsh (do not significant harm), ovvero di “non arrecare danno significativo all’ambiente”. E qui proprio non ci siamo. E’ noto, infatti, che la cabinovia (nel primo progetto definita ovovia) avrebbe un impatto ambientale distruttivo e irreversibile su aree protette della Rete Natura 2000. Perciò il processo di Valutazione Ambientale Strategica difficilmente potrà avere esito positivo.”

Quanto all’opportunità, andrebbe eseguita una seria e completa analisi costi-benefici capace di allargarsi ad un dibattito sul futuro della città e sulla visione della Trieste dei prossimi decenni.

Una recente interrogazione in Consiglio Regionale del Consigliere Moretuzzo evidenziava come la previsione della massiccia presenza di navi bianche a Trieste non sembra avere un saldo positivo da un’analisi costi-benefici: inquinamento dovuto ai motori accessi delle navi, pauroso consumo energetico ed esiguo impatto economico tra le cause del saldo negativo.

Ecco quindi che l’idea che l’ovovia riduca l’inquinamento pare risibile, come anche quella che risolverebbe il problema dell’accesso Nord alla città, problema, quest’ultimo del tutto superato dalla grande viabilità e dal prossimo ampliamento del Lisert.

Mettiamoci pure il fantasioso e ormai vetusto progetto del Parco del Mare e sembra emergere un ‘idea di città a misura dell’ospite (forse), ma non per il residente.Trieste ha tante vocazioni, anche turistica, ma non è l’unica né la più importante, e non bisognerebbe sacrificare a questa quelle a più alto valore aggiunto, legate alla scienza, all’attrattività di imprese di valore e all’importazione di cervelli che consentono il mantenimento di un alto tenore di vita anche ai residenti; facciamo in modo di non trasformare la nostra bella città nel Luna park della Mittel Europa.

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