Il 13 dicembre scorso una giovane di 27 anni – N.L. le iniziali – ha chiesto aiuto, è “reclusa” a casa da diversi giorni dopo contatto con un Covid positivo, inutili gli innumerevoli tentativi di interloquire con ASUGI.
Ecco il suo racconto:
“Sono disperata. Sono già 9 gg in quarantena preventiva e sto bene. Sabato ho fatto il tampone rapido dopo 7 gg ed ero negativa. Tutt’ora aspetto l’ ASUGI che mi chiami e ancora niente. Ho inviato email su email, numeri tutti occupati. Ho chiamato l’USCA e hanno fatto ancora peggio. 3 dottori e tutti e tre mi hanno detto cose differenti. Una dottoressa mi dice che posso uscire, fare il tampone rapido e se negativo uscire fuori dalla quarantena e così ricevere Il certificato. Richiamo il giorno dopo e un’altra dottoressa si stupisce poiché dice che queste cose non sono da protocollo e quindi fino alla chiamata dell’ ASUGI non posso uscire. Secondo la loro opinione solo dopo il tampone ‘ufficioso’ prenotato dall’ ASUGI termina la quarantena se questo negativo. Ho pagato il rapido e quindi non era un problema pagarmi anche il molecolare. Il mio pensiero al riguardo è: ma se avessi veramente il covid con le patologie che ho come sarebbe andata?. 9 gg in attesa senza neanche una chiamata. Rischio di perdere il lavoro e sono in salute. Sono disperata. Grazie mille se mi può aiutare. (lettera firmata)
Ho subito segnalato il fatto alla Regione sperando che inducesse ASUGI a sbloccare la situazione visto che la giovane “reclusa” è affetta da una severa patologia endocrina che rischia di aggravarsi con l’ inattività fisica, ed è anche assai preoccupata per il lavoro.
E poi che dire dei consigli contradittori dati dai medici USCA? In pratica uno diceva bianco e un altro il giorno dopo diceva nero. Ma ASUGI fornisce all’Usca indicazioni puntuali ed aggiornate?
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