Prosegue la crescita del Covid a Trieste, che continua a detenere il non invidiabile primo posto tra le provincie italiane per incidenza del virus.
Si sono fatte diverse ipotesi circa le cause e concause di tale incremento, alcune più plausibili, altre meno, e ora si attende una puntuale verifica circa il ruolo giocato da esse nella diffusione del virus.
E sembrerebbe urgente verificare anche lo stato di preparazione del Servizio sanitario, e in particolare di ASUGI, in questo frangente.
Giova ricordare che per il controllo dell’epidemia e la cura delle persone risulta essenziale la strategia delle 3T (Testare, Tracciare, Trattare), le cui le azioni devono essere realizzate in tempo (quarta T).
Ma a Trieste ci sembra di notare un deficit strategico in tal senso, visto che il tempo intercorrente dalla prima segnalazione del sospetto Covid all’accertamento di positività e conseguente isolamento varia da 2 a 5 e più giorni, e recentemente sembra essersi espanso, dopo che il laboratorio dell’ospedale Maggiore che processava i tamponi per il DIP – Dipartimento di Prevenzione – ha ridotto l’attività, sembra per carenza di personale.
Quali le conseguenze?
Che a Trieste una persona sospetta Covid, anche malata e con sintomi clinici evidenti, risulta sostanzialmente libera di muoversi per più giorni, e proprio in quelli in cui presenta il massimo rischio di contagiosità, e così pure i contatti stretti, come i familiari. E nelle residenze per anziani può risultare assai lungo e complicato trasferire l’ospite affetto da Covid in una struttura di isolamento, e ciò soprattutto nei giorni festivi e prefestivi, quando le attività di DIP e Distretti si riducono di molto.
Ma anche sul fronte ospedaliero continuano a permanere condizioni potenzialmente favorenti la diffusione del virus, non risultando consolidati né la separazione di tutti i percorsi Covid / no Covid, né l’isolamento dei pazienti sospetti Covid (i cosiddetti grigi) o potenzialmente contagiosi.
A creare maggior confusione, laddove dovrebbero esserci massima chiarezza e trasparenza, concorrono i deficit del sistema di comunicazioni ASUGI, rendendo ancor più difficili l’attività degli operatori sanitari e lasciando spesso nell’incertezza gli utenti.
E sempre in tema di comunicazioni preoccupa la carenza di una strategia informativa mirata a intercettare le persone esitanti a vaccinarsi e a fugarne i dubbi.
In questo quadro, già poco rassicurante, permangono i dubbi sull’effettivo potere filtrante di almeno una parte dei dispositivi di protezione FFP2 usati dai medici e infermieri di ASUGI (e non solo).
Per questo ho inteso interrogare la Giunta regionale per sapere se non ritenga necessario e urgente che:
1) che ASUGI perfezioni l’attività di cui alla citata strategia delle 3T, eliminando gli ostacoli burocratici che ne rallentano l’azione, incrementando il personale dedicato, migliorando le comunicazioni aziendali;
2) che ASUGI garantisca degenze e percorsi ospedalieri rigorosamente separati tra Covid (compresi i sospetti) e no Covid, in adempimento alla L. 17 luglio 2020, n. 77 e agli specifici indirizzi ministeriali (circolare 23 marzo 2020);
3) che ASUGI adotti un sistema di comunicazioni adeguato ai tempi per favorire l’efficienza delle attività operative, per informare puntualmente l’utenza, per offrire un’informazione mirata a fugare dubbi e paure di quei cittadini restii a vaccinarsi;
4) che sia fatta finalmente chiarezza sull’efficacia filtrante delle FFP2 date in uso al personale sanitario, visto che l’eventuale uso di mascherine inadeguate espone i sanitari e di riflesso i pazienti ad un incremento di rischio.
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