Nell’esposizione della situazione “emergenza virus” fatta alla 3° Commissione consiliare il 15 maggio, l’Assessore alla salute ha presentato dei dati e dei grafici dai quali risulta che il FVG è stato meno colpito rispetto ad altre regioni e che non esisterebbe un “presunto caso Trieste”.

Da una lettura più attenta dei dati ufficiali sembra invece emergere che un “caso Trieste” esiste, in tutta la sua gravità.

Nella provincia di Trieste vi è il numero più alto di contagiati rispetto alle altre province del FVG: al 21 maggio risultano 1365 casi, corrispondenti a 582 casi per 100mila abitanti, contro una media regionale di 265 per 100mila abitanti. Valore questo superiore, per esempio, a quelli di tutte le province del Veneto (è superiore a quelli di tutte le province del Veneto (Belluno 568, Verona 545, Padova 418, Vicenza 328, Venezia 310, Treviso 298 e Rovigo 187).

Al 21 maggio i decessi in provincia di Trieste sono stati 178 su un totale in FVG di 323, pari al 55,1%, e se rapportati alla popolazione risultano il triplo: i deceduti a Trieste 76 per 100mila abitanti a fronte di una media regionale di 27 per 100mila abitanti.

Nella presentazione l’Assessore Riccardi evidenzia come il “punto di inversione guariti > casi positivi”, vale a dire il momento in cui il numero dei guariti supera quello dei positivi, in FVG sia avvenuto il 29 aprile , ma “dimentica” di precisare che a Trieste è avvenuto il 14 maggio.

A Trieste l’epidemia si sta attenuando più lentamente che nel resto della regione, infatti il 21 maggio i casi positivi in FVG sono 578, dei quali 413, quindi il 71%, in provincia di Trieste, dove sembra esservi uno stillicidio pressoché quotidiano di nuovi casi.

Preoccupa che a Trieste la percentuale di ospiti delle case di riposo guariti è dell’11%, la più bassa in regione. Visto che sembra poco probabile che a Trieste gli ammalati guariscano più lentamente, questo potrebbe essere spiegato con il fatto che a Trieste la trasmissione del virus stia continuando in misura superiore rispetto alle altre province , e il numero di guariti sia inferiore perché a Trieste è maggiore il numero delle infezioni recenti, che non hanno ancora avuto un esito definitivo.

Dei contagi fra il personale dipendente nelle aziende sanitarie del FVG, l’ASUGI vi contribuisce per il 58,3% (161 casi su 276 totali).

Nessuna informazione risulta sinora comunicata riguardo a possibili, anzi probabili, degenti negli ospedali che vi abbiano contratto il virus.

Pur con i limiti derivanti dall’incompletezza dei dati disponibili, sembra indubbio che quasi il 60% (almeno) delle persone che si sono ammalate di Covid-19 a Trieste si trova nell’ambiente sanitario e in quello delle strutture residenziali per anziani. A questi andrebbero aggiunti familiari e congiunti degli operatori che hanno contratto il virus, che nelle statistiche risultano contagiati in ambito familiare, pur essendo questi casi originati dagli ambienti assistenziali in cui si è diffuso il virus.

E’ ormai evidente, in FVG come in tutta Italia, che il virus è circolato prevalentemente nelle strutture sanitarie e residenziali per anziani. Su queste ultime si stanno effettuando a Trieste interventi importanti e diffusi, ma le Associazioni che le rappresentano hanno suggerito che i contagi all’interno di queste sarebbero partiti da persone appena dimesse dall’ospedale.

Sembra quindi fondamentale che ora si concentri l’attenzione sugli ospedali, anche perché la presenza di reparti Covid-19 in entrambi i presidi ospedalieri triestini determina inevitabilmente una situazione a rischio.

Non è purtroppo dato di sapere quale sia, e quale sia stato l’andamento dei focolai negli ospedali, perché al di là di un paio di situazioni che sono emerse principalmente dalla stampa, l’ASUGI non ha mai presentato relazioni e dati completi, e non è pensabile che non li possieda. Non può non aver effettuato le indagini e i ragionamenti necessari a spiegare, comprendere e correggere situazioni di tale gravità, considerandole a priori inevitabili in base alla densità abitativa e all’età anziana.

Sarebbe auspicabile che queste informazioni fossero trasmesse e rese pubbliche. In assenza di queste, non può che persistere la preoccupazione per gli ospedali quali verosimili serbatoi del virus. Se non si dedicherà sufficiente attenzione a questi, verificando e correggendo quello che non sta funzionando, si rischierà di vanificare gli sforzi e i sacrifici fatti fin qui non solo da operatori e amministratori, ma da tutti i cittadini.

Categories:

Tags:

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *