In gran parte della nostra regione, anche se non dovunque, è possibile usufruire della ricetta cosiddetta dematerializzata, che significa che il medico invece di compilare la ricetta su carta la inoltra alle farmacie per via informatica.
Così il paziente può, anzi potrebbe ritirare il farmaco direttamente in farmacia. Perché il condizionale? Perché si è messa di mezzo la burocrazia, infatti è vero che la ricetta viene spedita per via elettronica alla farmacia, che quindi ne ha l’evidenza sul computer, ma per ritirare il farmaco il paziente deve esibire un modulo cartaceo che abilita all’uso della ricetta elettronica.
Cioè la ricetta vera e propria passa direttamente dal computer del medico a quello della farmacia, ma deve essere sbloccata tramite un modulo, cioè un pezzo di carta che il paziente deve andare a ritirare dal medico e portarlo in farmacia.
Così un vincolo burocratico neutralizza tutta la comodità e il risparmio derivanti dell’uso dell’informatica.
In altri tempi si parlerebbe di un ulteriore insopportabile disagio che colpisce chi ha bisogno di cure nella nostra regione.
Ma adesso diventa un inutile rischio visto che la principale raccomandazione per evitare il contagio da coronavirus è quella di evitare luoghi affollati e chiusi.
Gli ambulatori dei medici di base e le relative sale d’aspetto con persone presumibilmente ammalate e in stato di fragilità possono rivelarsi pertanto luoghi potenzialmente a rischio non irrilevante.
Per questo motivo ho presentato oggi un’interrogazione alla Giunta Regionale e all’Assessore alla salute per chiedere se non ritengano necessario e urgente semplificare l’uso della ricetta dematerializzata dove esistente e attuarla tempestivamente dove non ancora in uso.
Perché credo che ciò sarebbe di grande utilità per diminuire l’esposizione al rischio di contagio.
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